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domenica 8 settembre 2024

1985 sintesi Strage di Pizzolungo a Trapani contro il giudice Carlo Palermo

Le prime indagini sulla strage vennero condotte dall'allora procuratore della Repubblica di Caltanissetta Sebastiano Patané[4]. Tra i sopravvissuti, Raffaele Di Mercurio, 36 anni all'epoca della strage, morì nel 1993 per una malattia cardiaca. Nello stesso anno morì Nunzio Asta a 46 anni per problemi cardiaci (al tempo dell'attentato aveva già subito un intervento di by-pass): della famiglia Asta rimase solo la figlia maggiore Margherita, 11 anni al momento dell'attentato, che si è successivamente dedicata alle attività dell'associazione antimafia Libera in provincia di Trapani. Inizialmente alcuni mafiosi delle cosche di Alcamo e Castellammare del Golfo (Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia, Vincenzo Cusumano, Pietro Montalbano, Gioacchino Calabrò, Mariano Asaro, Gaspare Crociata, Antonino Palmeri) vennero individuati come esecutori materiali della strage, che doveva servire a bloccare sul nascere le inchieste del giudice Carlo Palermo[5][6] che avrebbero portato a una raffineria di eroina nei pressi di Alcamo, che tuttavia venne scoperta dalla polizia ventidue giorni dopo l'attentato: infatti all'interno della raffineria venne trovato un giornale che era piegato nella pagina dove era riportato un articolo in cui si parlava delle indagini del giudice Palermo[7]. Per queste ragioni Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo e Filippo Melodia vennero condannati all'ergastolo in primo grado ma assolti nel 1990 dalla Corte d'appello di Caltanissetta e l'anno successivo dalla Cassazione presieduta dal giudice Corrado Carnevale (in seguito processato per associazione mafiosa accusa dalla quale però verrà assolto)[8][9]. Negli anni successivi le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia (Francesco Di Carlo, Pietro Scavuzzo, Giovan Battista Ferrante, Francesco Milazzo e Giovanni Brusca) portarono al rinvio a giudizio dei boss mafiosi Salvatore Riina e Vincenzo Virga come mandanti della strage mentre Baldassare Di Maggio e Antonino Madonia furono accusati di aver collaborato all'esecuzione materiale: Di Maggio, su ordine di Riina, avrebbe portato a Trapani l'esplosivo Brixia B5 che fu impiegato nell'attentato (già utilizzato nell'autobomba contro il giudice Rocco Chinnici e poi nel fallito attentato all'Addaura) e Madonia aiutò i mafiosi trapanesi a preparare l'autobomba nel garage di Gioacchino Calabrò (già assolto nel primo processo)[10][11][12]. Nel 2002 Riina e Virga vennero condannati all'ergastolo e la stessa pena venne inflitta nel 2004 anche a Baldassare Di Maggio mentre Antonino Madonia venne assolto ma condannato in appello[7][13][14][15]. Il nuovo processo individuò Vincenzo Milazzo, Gioacchino Calabrò e Filippo Melodia come esecutori materiali della strage ma non più processabili in quanto irrevocabilmente assolti nel primo processo a Caltanissetta[12][16]. Nel 2019, a più di trent'anni dai fatti, si aprì a Caltanissetta il quarto processo per la strage, che vedeva come unico imputato Vincenzo Galatolo (un tempo capo della famiglia mafiosa dell'Acquasanta già condannato all'ergastolo per altri omicidi), accusato dalla figlia Giovanna (divenuta testimone di giustizia) di essere uno dei mandanti del massacro[17]. Il processo, celebrato con il rito abbreviato, si concluse in primo grado l'anno successivo con la condanna di Galatolo a trent'anni di reclusione[18], confermati in appello nel 2022[19] e in Cassazione l'anno successivo.[20]

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