mercoledì 2 ottobre 2024
sintesi processi Calogero Mannino
Indagini e procedimenti giudiziariProcedimento per associazione mafiosa
Nel 1991, sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Rosario Spatola e Giacoma Filippello, il sostituto procuratore di Trapani Francesco Taurisano aprì un procedimento contro Mannino per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ma l'indagine venne trasferita per competenza territoriale presso la procura di Sciacca, la quale nell'ottobre dello stesso anno archiviò il caso[8]. In quel caso Taurisano denunciò delle pressioni da parte del procuratore capo Antonino Coci e la circostanza che i fascicoli d'indagine sarebbero stati trafugati dal suo ufficio[9], che portò il CSM a trasferire d'ufficio entrambi.[10]
Procedimento per corruzione e finanziamento illecito ai partiti
Nell'agosto 1993 Mannino venne coinvolto nelle inchieste sulla Tangentopoli siciliana: fu infatti uno dei destinatari, insieme ad altri sette deputati e senatori siciliani, di un'informazione di garanzia da parte del procuratore aggiunto Guido Lo Forte e dei pm Roberto Scarpinato, Giovanni Ilarda, Luigi Patronaggio, Antonio Ingroia e Maurizio De Lucia che seguiva le dichiarazioni di Filippo Salamone, un imprenditore edile agrigentino all'epoca sotto processo per turbativa d'asta che lo accusava di aver intascato una tangente di 900 milioni di lire, i quali sarebbero serviti per finanziare la segreteria nazionale della Democrazia Cristiana[11]. Rinviato a giudizio nell'ottobre 1994[12], Mannino venne poi assolto da ogni accusa[13][14].
Procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa
Il 24 febbraio 1994 la procura di Palermo avvia un'inchiesta nei suoi confronti con la notifica di un avviso di garanzia a seguito delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Croce Benvenuto, Gioacchino Schembri e Leonardo Messina[15]; poi le accuse del nuovo collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino (ex medico, mafioso e consigliere comunale democristiano) si rivelarono determinati per il suo arresto, disposto il 13 febbraio 1995 dai sostituti procuratori Teresa Principato e Vittorio Teresi con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa[16]: secondo l'accusa, poi rivelatasi insussistente, Mannino avrebbe stretto un patto, inizialmente con Cosa Nostra e poi con la Stidda, per avere voti in cambio di favori[17][18]. Dopo un periodo di detenzione (nove mesi di carcere e tredici di arresti domiciliari), durante il quale si mette in moto un'ampia mobilitazione sostenuta anche da una raccolta di firme per la scarcerazione motivate dalle sue precarie condizioni di salute, nel gennaio del 1997 viene rimesso in libertà per scadenza dei termini di custodia cautelare.
Nel 2001 Mannino è assolto in primo grado perché il fatto non sussiste[19][20][21]: veniva riconosciuto dai giudici che l'imputato aveva ricevuto dei voti da alcuni aderenti a Cosa Nostra ma non era dimostrabile oltre ogni ragionevole dubbio la "volontà di dare il proprio contributo al conseguimento degli scopi dell'associazione"[22][23].
L'assoluzione viene impugnata dal pubblico ministero e la corte d'appello di Palermo, nel maggio 2003 condanna Mannino a 5 anni e 4 mesi di reclusione.
Nel 2005 la Corte di cassazione annulla la sentenza di condanna riscontrando un difetto di motivazione, rinviando ad altra sezione della corte d'appello.[24] Nell'occasione il procuratore generale presso la corte di cassazione, nel chiedere l'annullamento della sentenza di condanna, così si esprime: “Nella sentenza di condanna di Mannino non c'è nulla. La sentenza torna ossessivamente sugli stessi concetti, ma non c'è nulla che si lasci apprezzare in termini rigorosi e tecnici, nulla che possa valere a sostanziare l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Questa sentenza costituisce un esempio negativo da mostrare agli uditori giudiziari, di come una sentenza non dovrebbe essere mai scritta...”.[25][26][27][28]
Il 22 ottobre 2008, riprendendo la sentenza di primo grado, i giudici della seconda sezione della corte d'appello di Palermo assolvono Mannino perché il fatto non sussiste.[29] La procura generale di Palermo in seguito impugna l'assoluzione, facendo ricorso in Cassazione.[30]
Il 14 gennaio 2010, la Corte di Cassazione assolve definitivamente l'ex ministro democristiano perché il fatto non sussiste, confermando le tesi contenute nella sentenza d'appello.[31]
Richiesta di risarcimento allo Stato da parte di Mannino
Dopo l'assoluzione Mannino fa causa allo Stato chiedendo un risarcimento per ingiusta detenzione[32], ma nel maggio 2012 i giudici della Corte d'appello di Palermo rigettano la richiesta[33] in quanto Mannino è stato riconosciuto consapevole di ricevere appoggio elettorale da un boss mafioso.[34]
Processo sul coinvolgimento nella trattativa tra Stato e mafia
Lo stesso argomento in dettaglio: Processo sulla trattativa Stato-mafia.
È stato indagato nell'ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia,[35][36] venendo assolto in tutti e tre i gradi di giudizio.
Il 24 luglio 2012 la procura di Palermo, con il PM Antonio Ingroia aveva chiesto il rinvio a giudizio di Mannino e altri 11 indagati.
In tale inchiesta Mannino era accusato di violenza o minaccia verso un corpo politico dello Stato.
Nel 2012 Mannino ha chiesto e ottenuto di procedere al processo tramite rito abbreviato. La requisitoria è affidata ai pubblici ministeri Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi.
Il 4 novembre 2015 il GUP di Palermo Marina Petruzzella ha assolto Mannino dall'accusa a lui contestata per "non aver commesso il fatto"[37], sentenza di assoluzione confermata in appello il 22 luglio 2019[38], e anche dalla Corte di Cassazione l'11 dicembre 2020.[39]
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